Un’ondata di proteste travolge Stellantis: in Francia scatta una petizione che chiede risposte in Parlamento. Il rischio per il gruppo è enorme.
L’aria è pesante e non solo nelle officine. In Francia, i malumori dei clienti Stellantis hanno cambiato marcia e scelto la via istituzionale. Sul sito dell’Assemblée nationale è comparsa una petizione che mira a raccogliere 100.000 firme, con un obiettivo chiaro: costringere il gruppo – che riunisce Peugeot, Citroën, Fiat, Opel, DS e Jeep – a fare chiarezza su una serie di guasti ricorrenti e su un post-vendita ritenuto lento e insufficiente.

Non è il solito sfogo sui social, ma un’iniziativa che porta carte e testimonianze su tavoli politici. La bufera coinvolge motori, airbag, software e la gestione delle reti. Ma la notizia completa non si esaurisce qui. Perché alla spinta dei clienti si somma un contesto aziendale complicato e richieste molto precise rivolte allo Stato.
Petizione contro Stellantis: PureTech, Takata e assistenza
Il testo della petizione elenca casi ritenuti emblematici. In primo piano il tre cilindri 1.2 PureTech: cinghia a bagno d’olio che si consuma in fretta, consumo d’olio anomalo, rotture improvvise. A valle, interventi spesso pagati dagli utenti, rimborsi parziali e tempi lunghi.

Sotto osservazione anche gli airbag Takata ancora presenti su alcuni modelli Citroën, con i promotori che accusano campagne di richiamo lente e poco trasparenti. Non manca il capitolo software: segnalati spegnimenti improvvisi, criticità al sistema frenante e problemi di ricarica sui modelli elettrici.
L’elettrico finisce nel mirino. La nuova Citroën ë-C3, presentata come citycar a batteria accessibile, viene indicata per difetti di assemblaggio, materiali deludenti e anomalie elettroniche. Anche la Jeep Avenger, primo B-SUV a zero emissioni del marchio, è citata per cali di potenza e qualità percepita sotto le attese. A complicare il quadro, ritardi nelle consegne e un post-vendita sovraccarico, spesso senza soluzioni rapide.
La rete commerciale e di assistenza è accusata di minimizzare i problemi, di indirizzare verso un nuovo acquisto invece di proporre riparazioni efficaci, di rifiutare garanzie e di comunicare poco sui richiami. È qui che la frustrazione dei clienti esplode, alimentando la spinta verso il Parlamento.
Il contesto non aiuta. Tra il 2023 e il 2024 la redditività operativa sarebbe scesa dal 12,8% al 5,5%, mentre l’uscita di scena di Carlos Tavares a fine 2024 ha lasciato un vuoto di guida che pesa sulle scelte. I clienti vogliono auto sicure, assistenza all’altezza, rispetto dei consumatori e chiarezza sugli errori industriali.
Una linea dura che, se sorretta dalle firme, può trasformare il malcontento in un passaggio parlamentare formale. E per Stellantis il rischio è enorme: non solo un danno d’immagine, ma l’obbligo di rispondere punto per punto a una lista di problemi che i promotori considerano strutturali.